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“La mia esperienza in Giappone”

2016-09-05-photo-00002482Come promesso, il nostro Filippo Scarselli, rientrato dalla sua intensa trasferta in Giappone, ci offre un breve scritto col quale ci racconta il senso di questa straordinaria esperienza.

Grazie a Filippo per il forte sentimento di amicizia e di appartenenza, che ci emoziona e ci spinge a fare sempre il meglio e il massimo per i nostri ragazzi e le nostre ragazze. Sia in palestra che fuori.

di Filippo Scarselli:
Avrei dovuto riassumere il mio viaggio in Giappone, o farne comunque una sorta di resoconto. Purtroppo è un'operazione impossibile perché le vicende da raccontare sono troppe, per non parlare delle emozioni e delle sensazioni. Inoltre non sarei mai rimasto soddisfatto abbastanza del mio lavoro, perciò ho pensato di condividere e pubblicare un piccolo pensiero che ho scritto mentre ero sul treno, in viaggio verso Tokyo dopo aver appena salutato la cittadina dove soggiornavamo: Kastuura.

Ho lasciato un pezzo di cuore in Giappone a Katsuura, che presto tornerò a trovare perché in quanto parte di me mi fa sentire profondamente legato al posto in cui è. Prego chi leggesse questo articolo di immaginare il mio viaggio attraverso queste parole.

"Sul treno di ritorno per Tokyo, abbiamo appena salutato Katsuura. Vedo passare case molto alte, macchine, strade, un pò di campagna giapponese e ho tutto il tempo di pensare. Immagino dipinte nel cielo che osservo tutte le facce delle persone che mi mancano da morire quaggiù. Il babbo, la mamma, Cosimo. La nonnina. Penso alla mia famiglia allargata, i miei insuperabili compagni, amici, fratelli di judo nella mia Firenze. Loro sono sempre lí; sono sicuro, sono certo che mi stanno aspettando e io sono certo di tornare da loro perché si può essere spiriti liberi, si può voler girare e imparare quanto si vuole, ma casa è casa, casa è quella certezza dove sai di non dover nascondere ciò che sei e ciò che pensi. La mia casa sono i miei amici al JKF. Avevo detto loro che li avrei pensati ad ogni allenamento, che li avrei tenuti accanto a me in ogni randori e che non mi sarei mai sentito solo. Così è stato, loro erano tutti lì con me. C'era il mio Maestro Danilo. Lo sentivo che c'era anche lui. Penso che se ci fosse stato fisicamente avrebbe avuto gli occhi lucidi e illuminati di gioia ogni minuto sul tatami. Questa sensazione è la cosa più bella che mi abbia trasmesso e tutt'ora cerco di impararlo proprio da lui, sempre.

Si dice che quando qualcuno parla di te o ti pensi ti fischino le orecchie, a me non sono mai fischiate, ma non sono superstizioso e non credo in queste cose. Io sono sicuro di esser stato pensato e nominato dai miei compagni e dal mio Maestro nonostante non mi siano mai fischiate le orecchie. Questa sicurezza, insieme alla stima che sento di provare reciprocamente con tutti loro, sono il motore immobile della mia vita.

Perciò penso e sono fermamente convinto che la mia famiglia a casa e quella in palestra siano state la prima spinta e la prima causa del mio viaggio qua. Quello che mi rimane è, al di là del lato judoistico per cui non si può aspirare ad usufruire di meglio, una profonda convinzione di aver tanto da conoscere, soprattutto nei miei stessi confronti. C'è tantissimo da scoprire nel mondo di ciò che può piacerci o meno, ma torno convinto che ancora più importante sia conoscere sé stessi. Imparare da e per sé stessi, per raggiungere un equilibrio tra la mente ed il corpo che permetta di trasmettere agli altri sensazioni sempre positive e conoscenze che facciano la differenza. Gli unici a potersi conoscere veramente fino in fondo siamo noi stessi, nessun altro può farlo. Quindi in questa ricerca interminabile della propria identità dobbiamo trovarci delle persone che ci stimolano, che non condividono necessariamente tutto ciò che facciamo e che sanno correggerci come noi inconsciamente vogliamo. Che ci insegnino ciò che abbiamo bisogno di apprendere, a partire dalle emozioni, per arrivare alla tecnica di judo.

Quindi grazie Maestro per avermi insegnato a provare queste emozioni indescrivibili sul tatami, di conseguenza grazie anche di esserti spremuto fino al midollo per insegnarmi ogni tua singola conoscenza judoistica come oggi continui a fare con i bambini con lo stesso profondo ardore. Grazie compagni lontani e vicini per provare queste emozioni che non so nemmeno nominare con me sul tatami ogni volta che ci saliamo insieme. Ah, e grazie per farvi sentire anche a diecimila kilometri di distanza sotto forma di forza, probabilmente quella che mi ha fatto arrivare tutti i giorni a fine giornata o quella che mi ha concesso di sopravvivere al quindicesimo randori e agli ultimi passi di una corsa devastante.

Grazie mamma, grazie babbone e grazie Cosimo perché siete così come siete, la mia famiglia, e non vi cambierei mai per niente al mondo."

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